Roca: un anfora di vino per la libertà!

Qualche mese fa sulla edizione di Bari di Repubblica.it sono state pubblicate una serie di foto di Leonello Bertolucci delle epigrafi messapiche e latine scolpite nelle pareti della grotta della Posìa Piccola in Roca (LE).

Il luogo, già studiato dal Pagliara negli anni 80, fu per secoli una sorta di santuario per le genti che abitavano la Puglia dall’eta ellenistica (VI sec A.C.) ai primi secoli dell’era volgare.
Ogni visitatore lasciava qui un ex-voto e/o una dedica rivolta alle divintà della terra e dei defunti “Thaotor Andirahas”  per i Messapi, tradotto poi “Tutor Andraius”  dai romani, affinchè proteggessero i loro cari estinti.

Delle centinaia di iscrizioni il Pagliara ne pubblicò 27, scelte tra quelle messapiche meglio conservate e dal contenuto più corposo e significativo, negli Annali della Scuola Normale di Pisa. Ricomponendo due delle foto suddette si ottiene la seguente una epigrafe in latino:

Iscrizione latina nella grotta della Posìa Piccola in Roca

Iscrizione latina nella grotta della Posìa Piccola in Roca

dove, grazie alla lettura del Prof. Gensini dell’università del Salento, si legge:

 NAEPOR CAESI A(vli) S(ervvs) VOTV TVTO(ri) A(ndiraio) SE

 LEBERO OVE BIMA VRN(a) MVLSI AMPVRA VIN[i].

E’ il voto di uno schiavo (un anfora di Vino) a Tutor Andiraius per la sua libertà.

In questo caso pertanto la preghiera non era rivolta ai defunti dello scrittore, ma alla propria condizione sociale.

Questo, però, è solo uno dei numerosissimi voti ed offerte incise dai nostri progenitori sino alle ultime fasi di vita (II sec. a.C.) della grotta, sede di culto per il messapi. Come scriveva il Pagliara (1),  in altri impegni di votum si chiede l’intervento e l’aiuto del dio Taotor promettendogli di dargli in cambio focacce e sostanze rituali (condimenta) ma anche e soprattutto animali scelti: bovidi (bos, vitulus, molluschi), oltre a suini (porcus) e ovicaprini (verbex, ovis, agnus).

Ricorrenti sono anche le incisioni di simboli che rinviano direttamente sia a oggetti reali, che al loro contesto di rinvenimento. Si tratta, ad esempio, del simbolo della “doppia ascia”, che compare incisa più volte e in più punti delle pareti; della rappresentazione, a volte stilizzata, della testa di bovini. Composizioni figurative che richiamano numerosi esempi presenti nella pittura vascolare minoica e micenea.

Bibliografia

NUOVE RICERCHE A ROCA – C. Pagliara, R. Guglielmino – Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia – Serie IV, Vol. 9, No. 2 (2004), pp. 561-581

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2 risposte

  1. Paolo Gensini ha detto:

    in realtà il nome messapico era Totor Andiraho, che diventa Tutor Andirahus (poi Andiraius/Andoraius/Andaraius) in latino. C’è anche un interessante testo greco,
    di un Lucius — almeno di rango equestre — chiaramente in partenza per la Grecia
    per un viaggio di studio, più o meno nello stesso periodo in cui ci andava Cicerone.
    Invece di leggere Repubblica, consigliamo le trascrizioni dei testi da noi pubclicate su academia.edu (un poco più affidabili).

  2. Paolo Cavone ha detto:

    Grazie Prof. Gensini, i riferimenti a Repubblica erano relativi alle foto dell’interno della grotta e relative epigrafi, oggigiorno rare visto che la grotta è chiusa da anni e inaccessibile se non dietro le opportune autorizzazioni e relativi team di accompagnatori/guide. Grazie ancora per le dritte sulla Sua pubblicazione: https://goo.gl/Js6MfE

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